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voi che sia la più santa anima, la quale Iddio abbia nel
mondo?». E rispondendogli costoro, dissono che cre-
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I Fioretti di san Francesco
deano che fusse la sua. E santo Francesco disse loro:
«Carissimi frati, i sono da me il più indegno e il più vile
uomo che Iddio abbia in questo mondo ma vedete voi
quel frate Ruffino il quale esce ora della selva? Iddio
m ha rivelato che l anima sua è l una delle tre più sante
anime del mondo, e fermamente io vi dico che io non
dubiterei di chiamarlo santo Ruffino in vita sua, con ciò
sia cosa che l anima sua sia confermata in grazia e santi-
ficata e canonizzata in cielo dal nostro Signore Gesù
Cristo» E queste parole non diceva mai santo Francesco
in presenza del detto frate Ruffino.
Similemente, come santo Francesco conoscesse li di-
fetti de frati suoi, sì si comprendé chiaramente in frate
Elia, il quale spesse volte riprendea della sua superbia; e
in frate Giovanni della Cappella al quale egli predisse
che si dovea impiccare per la gola se medesimo e in
quello frate al quale il demonio tenea stretta la gola
quando era corretto della sua disubbidienza; e in molti
altri frati, i cui difetti segreti e le virtù chiaramente cono-
sceva per rivelazione di Cristo.
A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco.
Amen.
CAPITOLO TRENTADUESIMO
Come frate Masseo impetrò da Cristo la virtù della santa
umiltà.
I primi compagni di santo Francesco con tutto isforzo
s ingegnavano d essere poveri delle cose terrene e ricchi
di virtù, per le quali si perviene alle vere ricchezze cele-
stiali ed eterne.
Addivenne un dì che, essendo eglino raccolti insieme
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I Fioretti di san Francesco
a parlare di Dio, l uno di loro disse quest esempio: «E
fu uno il quale era grande amico di Dio, e avea grande
grazia di vita attiva e di vita contemplativa, e con questo
avea sì eccessiva umiltà ch egli si riputava grandissimo
peccatore: la quale umiltà il santificava e confermava in
grazia e facevalo continuamente crescere in virtù e doni
di Dio, e mai non lo lasciava cadere in peccato». Uden-
do frate Masseo così maravigliose cose della umiltà e co-
noscendo ch ella era un tesoro di vita eterna, cominciò
ad essere sì infiammato d amore e di desiderio di questa
virtù della umiltà, che in grande fervore levando la fac-
cia in cielo, fece voto e proponimento fermissimo di non
si rallegrare mai in questo mondo, insino a tanto che la
detta virtù sentisse perfettamente nell anima sua. E d al-
lora innanzi si stava quasi di continuo rinchiuso in cella,
macerandosi con digiuni, vigilie, orazioni, e pianti gran-
dissimi dinanzi a Dio, per impetrare da lui questa virtù,
sanza la quale egli si reputava degno dello inferno e del-
la quale quello amico di Dio, ch egli avea udito, era così
dotato.
E standosi frate Masseo per molti dì in questo diside-
rio, addivenne ch un dì egli entrò nella selva e in fervore
di spirito andava per essa gittando lagrime, sospiri e vo-
ci, domandando con fervente desiderio a Dio questa
virtù divina. E però che Iddio esaudisce volentieri le
orazioni degli umili e contriti, istando così frate Masseo,
venne una voce dal cielo la quale il chiamò due volte:
«Frate Masseo, frate Masseo!». Ed egli conoscendo per
ispirito che quella era voce di Cristo, sì rispuose: «Si-
gnore mio!». E Cristo a lui: «E che vuoi tu dare per ave-
re questa grazia che tu domandi.». Risponde frate Mas-
seo: «Signore, voglio dare gli occhi del capo mio». E
Cristo a lui: «E io voglio che tu abbi la grazia e anche gli
occhi». E detto questo, la voce disparve; e frate Masseo
rimase pieno di tanta grazia della disiderata virtù della
umiltà e del lume di Dio, che d allora innanzi egli era
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I Fioretti di san Francesco
sempre in giubilo; e spesse volte quand egli orava, face-
va sempre un giubilo informe e con suono a modo di co-
lomba ottuso: U U U, e con faccia lieta e cuore giocondo
istava così in contemplazione. E con questo, essendo di-
venuto umilissimo, si riputava minore di tutti gli uomini
del mondo.
Domandato da frate Iacopo da Fallerone, perché nel
suo giubilo egli non mutava verso, rispuose con grande
letizia che, quando in una cosa si truova ogni bene, non
bisogna mutare verso.
A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco.
Amen.
CAPITOLO TRENTATREESIMO
Come santa Chiara, per comandamento del Papa, benedisse il
pane il quale era in tavola; di che in ogni pane apparve il segno
della santa croce.
Santa Chiara, divotissima discepola della croce di Cri-
sto e nobile pianta di messer santo Francesco, era di tan-
ta santità che non solamente i Vescovi e Cardinali, ma
eziandio il Papa disiderava con grande affetto di vederla
e di udirla e ispesse volte la visitava personalmente.
Infra l altre volte andò il Padre santo una volta al mu-
nistero a lei per udirla parlare delle cose celestiali e divi-
ne; ed essendo così insieme in diversi ragionamenti, san-
ta Chiara fece intanto apparecchiare le mense e porvi
suso il pane, acciò che il Padre santo il benedicesse. On-
de, compiuto il ragionamento ispirituale, santa Chiara
inginocchiandosi con grande reverenza sì lo priega che
gli piaccia benedire il pane posto a mensa. Risponde il
santo Padre:
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