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tutti momenti di cattivo umore, in cui si dicono le cose
piú false. Dicevi che X è partito? Vediamo questa faccen-
da». Dopo essersi fatta pregare, mia madre narrò per di-
steso la lunga fuga del signor X.
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Letteratura italiana Einaudi
Guido Piovene - Lettere di una novizia
«Vedi» mi disse «che ho sbagliato a fidarmi cieca-
mente di te».
«Perché» dissi stupita. «Non capisco che cosa sia ac-
caduto di nuovo».
«Ma come, non capisci che vuol troncare la relazione
con me!» rispose essa, rimettendosi a piangere.
«Ma no, mamma! Ma no!» ribattei impazientita.
«Sempre le solite storie, i soliti sospetti, la solita mania di
analizzare e di distruggere tutto! Torturi te stessa e gli al-
tri con questa tua sottigliezza; poi è naturale che uno
qualche volta s inquieti; tu togli l aria, benedetta donna,
con le tue fisime e paure, mentre potresti vivere serena-
mente. Pare impossibile come l amore è cieco! E tu pro-
prio non vedi quello che piú salta agli occhi. Se X è parti-
to, vuol dire che ti vuol bene, dovresti essere contenta».
«Non capisco» rispose, già però rianimata e piú gra-
devole alla vista. «Io quando amo...»
«Tu, mamma, sei una donna! Anch io sarei cosí: noi
donne ci buttiamo avanti, senza dubbi, senza timori. Ma
un uomo, quando ama davvero, si sottrae, cerca di fug-
gire; chi non ama, ci assilla; chi ama davvero, ci sfugge.
Oh, mamma, se io fossi in lui, davvero ti lascerei, perché
tu non lo capisci. È fin troppo nobile e buono. Ho l im-
pressione che solo in questi ultimi giorni abbia comin-
ciato ad amarti proprio con tutto il cuore».
Le mie parole, mosse dalla pietà e dal bisogno di sen-
tirmi in un aria piú decente e tranquilla, presero una im-
provvisa eloquenza, suonarono persuasive; mia madre si
illuminò quasi come ai bei tempi; finché mi chiese: «Al-
lora, mi sembrerebbe che non dovrei lasciarlo solo...
Che cosa faresti al mio posto?» Per essere coerente ed
accontentarla risposi che doveva raggiungere il signor X
a Milano, dove di certo l aspettava con ansia. Mia madre
fissò di partire la mattina dopo per tempo e mi fu tanto
grata del mio consiglio che dimenticò le parole dure di
un ora prima. Rientrando mi voltai, e vidi una bella luna
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Guido Piovene - Lettere di una novizia
molto dorata e perduta nell aria di un cielo immenso.
«Addio bella luna» le dissi, e questa fu l ultima volta per
anni. Mi svegliò la mattina mia madre che partiva. Entrò
nella mia camera, senza accendere il lume, già vestita da
viaggio; si chinò nella penombra, mi baciò in fronte, di-
cendomi: «Dormi, bambina mia». M intenerii ancora
una volta e la strinsi, senza pensare che quel trabocco di
affetto non era che un ringraziamento per aver lusingato
le speranze meno degne. Rimasi a letto lungamente, in-
debolita da una strana pigrizia, senza nessuna voglia di
iniziare quella giornata. Non mi aspettavo però una
sventura tanto grande.
La mia indole è tale, che quanto piú grave è un even-
to, tanto piú mi è difficile farne un racconto drammati-
co, specialmente se soffro. Giunta a narrarvi le ore piú
intense della mia vita, non posso far altro che metterle in
una serie di notizie inerti; appunto perché mi sconvolgo-
no, io non so accalorarle. Il giorno in cui mia madre era
partita, nel pomeriggio, andai a cercare Giuliano. A
metà strada trovai la Zaira, quella mia donna di servizio,
che mi annunciò la morte del mio fidanzato. Si era ucci-
so per incidente scaricandosi addosso una doppietta da
caccia. Non vi dico di piú e da questo momento il mio
racconto, già freddo, non sarà piú che relazione.
Io ritornai a casa come fuggendo; mi chiusi in camera
a chiave, mi rintanai nella poltrona. Avevo davanti una
stampa rappresentante una pastora d Arcadia, che balla-
va in mezzo ad un prato, le braccia ed un piede alzati.
La guardai per tanto tempo, che restò impressa nella
mia mente per sempre. Nelle mie ore di sconforto piú
tetro, non vedo dentro di me la tragedia, ma quasi ve-
nendo a galla, mi si disegna dentro l immaginazione la
linea di una gonna gonfiata dal vento, una ghirlanda
protesa; e io rabbrividisco come se vedessi la morte.
Con gli occhi su quella stampa, con tutti i muscoli fermi
e come induriti, con un solo pensiero, io rimasi tre ore.
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Quando udii battere alla porta, gridai che se ne andasse-
ro e rifiutai di mangiare. Invece, lentamente, quasi scol-
lassi a fatica le vesti da un corpo tutto piagato, mi spo-
gliai, entrai nel letto e mi ridussi in un piccolo spazio
contro la parete. Mi faceva ribrezzo ogni immaginazione
in cui vi fossero persone o voci umane, in cui qualcuno
mi toccasse o cercasse di consolarmi. A metà della notte
quest atonia diede posto all affanno. Il mio pensiero
andò verso mia madre, e sentii tanta nausea di tutto quel
suo amore, delle sue vicende d amore, dei suoi occhi fe-
lici di quando era contenta, dei suoi capelli penzolanti
di adesso, un tale movimento d odio, che il mio corpo [ Pobierz całość w formacie PDF ]

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